+ Deserto Rosso, Sedona Rift, Blackrock, Giugno 2509
«Bolivar... Bolivar è inutile... non ce la fa più.. per amor di Dio...»
Lee ha croste di sete sulle labbra, sulle guance. Il sole gli ha arroventato la pelle, sotto i vestiti intrisi di sale sudato. Tiene un mozzicone tra i denti, per disperazione. Lecca la bocca. Gli occhi sono due fessure tagliate nella faccia di cuoio graffiato.
Gli occhi di Bolivar no: aperti, grandi, blu sostengono il deserto rosso. Quando li scoperchia sul caposquadra, Lee Callaghan ingoia a secco la ceca determinazione di quello sguardo trasparente. La fame ha consumato i tratti pieni di Renee Bolivar senza incattivirli, li ha induriti senza affilarli; la sete ha asciugato la carne attorno ai muscoli senza strappargli un grammo di forza selvatica. E la guerra, la guerra non gli ha ammazzato l'entusiasmo, non gli ha giustiziato il cuore. La sua, è una purezza troppo intransigente, troppo coraggiosa, per poterla definire ingenuità.
Sarà per questo che Callaghan esita ad infierire, a ordinare.
Per questo, o perchè si conoscono sin da bambini.
Sarà perchè si conoscono fin da bambini che Jomi, trascinando gli stivali sfondati tra i sassi e la sabbia, li raggiunge, bestemmiando, sbraitando, con le lacrime della rabbia nervosa appese agli zigomi. Lacrime solide, calcificate: sono tutti disidratati, come disidratato è Aramis, il fox trotter di Bolivar.
«PORCO CAZZO, Bolivar! È un fottuto... stramaledetto... cavallo del cazzo! Un cavallo... stiamo crepando tutti di sete, tutti... perchè non vieni ad abbracciare pure me eh, visto che crepo di sete anche io?»
« Mitchell, falla finita, cristo santo, falla finita, datti una calmata »
« Una calmata, Call? UNA CALMATA? Guardalo, sacra vergine, guardalo!»
La mano secca di Jonas 'Jomi' Mitchell punta di slancio irascibile la figura di Renee, impegnato a sorreggere il muso, il collo di Aramis su una spalla tenacemente diritta. Renee non dice nulla; quando soffre si immerge nel silenzio fiero, ma semplice, delle creature impreparate al male intrattabile, al male universale. Non ha bisogno di replicare, replica a furia di azioni; volta la faccia sciupata ad aderire a quella agonizzante di Aramis, spezzato dal deserto, traballante sulle ginocchia tremanti.
« Bolivar, ascolta... »
« Sei uno stronzo Bolivar, uno stronzo con cervello pieno di mer...»
« Mitchell, levati dalle palle. È un ordine, intesi? In capo alla colonna, subito »
« .... Vaffanculo Lee. Vaffanculo »
Jomi fissa Bolivar con l'odio sofferto del migliore amico; lo sguardo grigio, scostante, strofina contro quello di lui, scavato in un'aggressività buona, leale, trascesa in ostinazione dai quarantacinque gradi della marcia. Jomi lo cerca, gli offre un disprezzo qualsiasi, per scuoterlo; gli crolla la fronte. Ed obbedisce al superiore.
Rimangono soli, Bolivar e Callaghan.
« Renee... »
Renee inghiotte. Serra le palpebre. Le dita si chiudono sulla criniera del fox trotter. Annuisce, caricando un respiro. Con una cautela commovente abbandona il cavallo; il cavallo capisce, comincia a capire, o forse è solo grato alla terra di poterle cedere addosso. Si accascia, in un rantolo di gambe.
Lee resta immobile, strozza il mozzicone secco.
Bolivar sfila il benson bollente dalle scapole sporgenti. La medaglietta militare tintinna sulla cinghia. Il metallo arroventato consuma i palmi; non se ne cura. Imbraccia. Apre, chiude. Officia un rituale tragico nella solitudine sincera, alta, del profilo contratto.
«Renee... posso farlo io. Lascialo fare a me »
Bolivar scuote la testa rasata. Gli fa cenno di allontanarsi.
Callaghan si allontana. L'ultima cosa che vede è il compagno che si china su Aramis, muso a muso, carezzandogli il manto sauro, il naso pulsante. Volta la schiena.
Dieci passi; un colpo di fucile.
Quando Bolivar raggiunge il gruppo, non si limita ad affiancarlo; lo supera. Le suole calcano la polvere infiammata, il mento ispido sollevato. Lee si domanda dove diavolo trovi l'energia per tirare diritto a quel modo nella rena del deserto spietato, dopo due giorni di privazioni, di tappe sfiancate con una truppa di blues alle costole. Forse lo sa. Teme di saperlo.
« Bolivar ... Bolivar, aspetta... »
« Nessuno aspetta. Dobbiamo dargli dodici miglia a quegli sciacalli assetati. E dargliele prima del tramonto »
Annuncia, la voce calda, decisa, spezzata da qualcosa, qualcosa che nessuno, mai, potrà leggere dentro al volto limpido: oramai è in cima alla fila, dinanzi solo l'orizzonte liquido delle dune.