lunedì, luglio 1

Hardsun


+ Apache / Prayer's Peek, Monterey Country, Blackrock, Giugno 2503


Non gli restava che seguire l'aquila sino alle pendici dell'alba...
Patricia siede in veranda, la camicia bianca da uomo ripiegata sulle braccia forti. Arrotola attorno all'indice la catenina d'oro, strozzando un nervosismo che non può, non vuole permettersi. Un nervosismo che le dimostra, senza appello, una mancanza di fiducia. Mancargli di fiducia, mai. No. 
Ignora l'ansia con la schiena diritta, la mascella squadrata attorno ad un'angoscia istintiva, il pollice pigiato sul bordo della pagina. 
Non gli restava che seguire l'aquila sino alle pendici dell'alba...
Deve rimanere calma. Non non esiste motivo di agitarsi. No, Patricia Clarkdale è una donna ragionevole, una donna d'un pezzo, una donna solida, tutta sangue e granito. Una donna di Blackrock.
Non gli restava che seguire l'aquila sino alle pendici dell'alba...
Sospira; innalza il cuore e lo sguardo, uno sguardo cerchiato di nero pesante, increspato su lievi rughe solari. Sta scorrendo lo stesso rigo da una serie interminabile di minuti. Non gli restava che seguire l'aquila sino alle pendici dell'alba. 
Abbandona la lettura, asciuga la fronte con un polso, la croce d'oro svicola sul petto, tra le pieghe della stoffa. Il metallo beve il mezzogiorno spietato che pialla la terra brulla di Apache, sciogliendo la polvere in miraggi acquosi. Il campo. I recinti. Le case basse, appisolate nella siesta. Il celeste feroce, la Sawatch Range, più in là la valle del Mojave. E Prayer's Peek. 
Il profilo netto di Patricia si staglia solenne nel giugno incandescente. Chiude il libro, l'indice a segnare un punto a cui è incollata dalla distrazione. Sistema senza ragione i capelli mossi, una pece morbida sui tratti duri. Rimane ferma, le narici che pulsano, le labbra aggrottate. 
La stizza per le proprie preoccupazioni pesa poco meno delle preoccupazioni in sé. Quindi pesano molto entrambe, ed entrambe dovrebbero sparire. Soffia, quasi qualcuno di fronte l'avesse indotta a dissentire, o risentirsi. Batte la sinistra in grembo, tentenna la gamba. La gola secca. Non è niente. Non ha sete. Ha sete. Si alza per procurarsi un bicchiere di qualunque cosa. La caraffa è sotto un telo umido, sulla balaustra della finestra. I tacchi degli stivali battono sul legno, urtano dentro e fuori. Scuote la testa, versa, nella gola allargata da un respiro tenace. Succo di limone, freddo. Due cucchiai di tequila. Taglia le tende asfissiate a colpo d'occhio. I bambini dormono nell'ombra, tutti quanti, tra colpi di tosse e fruscii. 

Il vento sa di sale a miglia e miglia dall'oceano. 
Inghiotte in rincorsa ripida la parete rossa, a picco su una vertigine di settecentosedici metri. L'azzurro, il bianco, la tensione dei nervi ubbidienti, la forza che esplode sotto la pelle, l'aria affilata sopra la pelle, due ali di immenso vuoto bramoso spalancate dietro la schiena, dalle scapole al suolo, dalla nuca allo schianto. La roccia tra le dita; stringere miliardi di anni in una mano, le intemperie, i capricci del tempo, tutto in un rostro di arenaria lanciato ad aggredire il cielo. 
Lo sconfinato cielo. 
Lo sconfinato sacro silenzio. 
Prayer's Peek si stende come una guglia affilata verso le nuvole, uno sfregio verticale.
Salire. 
La suola accarezza la pietra, poi la morde; una manciata di ghiaia precipita nelle sventagliate di brezza abbagliante, in una retta fatale verso l'abisso. 
Respiro, respiro. Respiro. 
I tamburi del cuore, un ritmo scaltro e veloce, su cui potresti regolare un metronomo. I tamburi d'un cuore allenato, un cuore illimitato. La maglia bianca sbandiera nelle folate a spirale, il sudore evapora prima di bagnare le ombre vivaci tra i muscoli delle braccia, delle spalle. Respiro. 
La sinistra buttata in alto, una crepa. 
I denti scorrono paralleli al muro, su, su. Ingoia. 
C'è calma pulsante, c'è pace accesa. C'è controllo. 
Il precipizio non fa paura, se sai come domarlo. 
Se hai coraggio nel sangue. Se hai la montagna nelle ossa. 
Uno spirito che suona come il vento. 
Guarda giù. 
La terra confusa in fondo al baratro. Piega il ginocchio, appunta l'anfibio; una spinta. Salire, salire. La corda avvolta al bacino contratto gli frusta le gambe. Non è legato, nessun tirante, nessuna sicurezza, salvo se stesso. 
Respiro. Respiro. 
Su. Ancora. Un altro fiotto di forza, un altro lampo. Su. 
A distanza, vola un'aquila; Renee è un punto, biancheggia intrepido sullo sperone millenario. Si muove con l'agilità e la resistenza delle creature dell'altipiano, nel mezzogiorno dilatato e accecante della Mojave Valley. L'aquila plana, danza, vibra le piume nel caldo di aprile.
La sua sagoma scura presiede la spianata. Scorre sul viso di Renee, dai tratti armonici e tenaci, dentro il suo sguardo blu. Renee la contempla, insegue la parabola, socchiude le labbra in una meraviglia che l'abitudine non consuma, che lo strapiombo non attenua. La ammira; c'è qualcosa di...qualcosa di...
Scivola.
Con un piede. 
Giù. 
Si aggrappa. Lo strattone che avvisa le fibre del corpo; allerta, le fasce sui palmi sfregano la roccia. La reazione. Il volto non cambia espressione, una contrazione; non esiste timore, nemmeno se ciondoli a settecentosedici metri dalla fine.
Appeso nel vuoto.
Lo sconfinato cielo.
Lo sconfinato sacro silenzio. 
Ingoia. Respiro. Respiro.
Respira. Respira. 

Chiude gli occhi.
Respira, respira. 
Apre gli occhi.
Piega le braccia. Su.
Recupera la presa. Aderisce ancora col corpo alla pietra. Ricomincia. 
Il vento sa di sale a miglia e miglia dall'oceano. 

Patricia distende le lenzuola ad asciugare, via via che Evelyn le passa la stoffa, pescandola da un cesto ai propri piedi. Gli spaziosi rettangoli luminosi tagliano zone candide nel pomeriggio inoltrato di Apache. Eve tiene i boccoli castani stretti in un fazzoletto, la schiena diritta nel vestito semplice. Ogni volta che si china regge l'orlo della gonna sulle caviglie. Samuel ed April corrono nello sterrato, contendendosi una bambolaccia di pezza interrata. April piange disperata. Fanno un baccano del diavolo. 
Entrambe le donne lavorano in silenzio, lisciando le pieghe della biancheria. Le mosse di Pat mostrano la fermezza risoluta della contadina, quelle di Evelyn la calma contegnosa della brava ragazza. Quarantuno anni, vent'anni. 
Patricia, ogni tanto, fissa il sole: sta calando. Sembra lo voglia rimbrottare perchè osa calare. Evelyn aggruma le labbra sottili in un cruccio adirato e sistema con vuota precisione un angolo della federa. Patricia le puntella addosso lo stesso sguardo di rimprovero rivolto al cielo. Sbuffa. Butta una mano al fianco, batte col palmo la stoffa umida.
« Oh, andiamo, Eve! L'ha già fatto altre volte »
« Mh? Io... non ho detto niente. Io. »
Evelyn la scruta, aggiustando il viso sottile come un origami orgoglioso. 
« Fai quella faccia, quella faccia lì. Levati quel broncio preoccupato »
« Non sono preoccupata. Sei tu che sei preoccupata »
« Eh? Preoccupata io? Boff... » Patricia si gira. Raddrizza sul filo un lenzuolo perfettamente diritto « Figurati... e perchè poi? Preoccupata. Preoccupata di cosa? Non c'è assolutamente nulla di cui preoccuparsi. Preoccupata... ma sentitela, roba da matti »
« … » Eve abbassa il mento esile, si volta, impermalita « Sam! Restituisci subito la bambola ad April! Samuel!» 
Samuel la occhieggia, sventolando il trofeo. Ricomincia a correre, impenitente.
«... E sentiamo, di cosa ti preoccupi »
« Non sono preoccupata »
« Nemmeno io »
« … »
« … »
« Non c'è ragione di preoccuparsi »
« … Nay »
« … Passami quello... quello più piccolo, aye, quello »
« … »
« … Insomma...È una cosa che ha sempre fatto. Non gli è mai successo niente... a parte la volta... va bene, però lì è stata un'eccezione... »
« Prayer's Peek... »
« Prayer's Peek è un sasso come tutti gli altri sassi »
« Me lo ha raccontato, me lo racconta tutte le volte, mille volte... è un muro di... novecento metri. Tutto dritto, tutto liscio, specialmente da quel lato lì, non ci salgono nemmeno le lucertole, nemmeno i serpi non... »
Patricia allunga un braccio oltre il lenzuolo e acchiappa Samuel per un polso. Con un tempismo impressionante.
« Basta Sam; fila in casa, subito... guarda come ti sei conciato. Ap... Ap, vieni qui...tieni... su... su... asciugati la faccia, Miss. Margaret sta bene... guarda, ecco, vedi, sta bene, è solo sporca di sabbia » Dopo aver spedito il bambino con uno scapaccione all'interno del casolare, porge ad April la bambola (Miss.Margaret). Poi solleva la creatura al petto, sistemando la crocchia scura, mentre la piccola le strofina il naso alla camicia « Lo conosco Prayer's Peek, ed è... un sasso. Renee si arrampica su quei sassi come un gatto. Te lo ricordi quando è montato al Cantilever Point? Ha spiegato che è simile a Cantilever Point, stamani »
« Jomi dice che col Cantilever non c'entra nulla »
« Oh, ma figuriamoci. Quel bugiardo sciagurato di Mitchell. È capace di darti un somaro per un cavallo, se lo lasci chiacchierare a sufficienza »
« Anche Lee, lo dice »
« Callaghan? »
« Aye, lui »
« Cosa vuoi ne sappiano Callaghan e Mitchell del Cantilever, poi? »
« Lo dicevano l'altro giorno, parlavano di questa cosa con Renee al mercato, io ero con Mary a cercare i bottoni. Stavano appoggiati davanti a... »
« Davanti a che? »
« No, dicevo, erano lì e parlavano di come quelli che ci hanno piantato la croce su, al Prayer's, prima di piantarcela sono... » 
« Davanti al Paradis? »
« … »
« Cielo santissimo. Sta sempre a spezzarsi la schiena per tre pesos quel disgraziato e poi si fa trascinare al... »
« è morta un sacco di gente per piantare la croce sul Prayer »
« … lo dovrebbero chiudere. Ma ti pare che in una cittadina rispettabile come Oracle ci deve essere un posto simile »
« … certi giorni la pensi diversamente »
« Cosa? »
« Sul Paradis... e mi rimproveri di essere... »
« … Bé? Oggi la penso così, va bene? Non si può? Su, tieni Ap, che finisco di stendere »
« … » Evelyn prende in consegna la bambina; le sopracciglia precise spiccano una 'v' di disappunto indispettito sotto la fronte alta. Il sole si abbassa, il tempo passa. Patricia decide che stasera farà una torta. Conta porzioni abbondanti. Bolivar ha un appetito micidiale, fin da piccolo. 

Renee Bolivar è dritto accanto alla croce di frassino piantata in testa a Prayer's Peek, un punteruolo nella Mojave Valley. Il petto largo si solleva regolare, sotto la maglia gioca il fischio dell'aria raffreddata dalle gole. Sulla linea dei nervi, nel solco in mezzo alla schiena s'arrischia qualche striscia fradicia. Trentatre gradi di limpidezza assoluta. 
Renee carezza con le pupille profonde il profilo dell'orizzonte. I massicci, le crepe, gli spigoli di Blackrock. Ad ogni respiro si riempie di una forza,  una forza invisibile, indefinibile, l'intensa e viscerale adesione con le cose, quelle cose. La bellezza senza parole, la casa senza parole. Il tuo posto, oltre le parole. Sgancia la borraccia dalla cintola, beve. Asciuga la bocca sulle nocche. 
Eccolo. 
È il gusto dell'acqua, dopo novecento metri di scalata. 
Il centro pulsante della materia. L'ossigeno, quando è mancato, ha un odore diverso. 
La destra tocca il legno eroso del crocifisso. Lo tocca, con un rispetto lontano dal timore e dalla morbidezza. La pacca piena al cavallo selvatico. 
Si, scosta. Si avvicina al bordo, fa sporgere la punta delle scarpe chiodate oltre l'abisso. Ingoia. Le ciglia calano, butta la testa all'indietro, sul filo del rasoio, gli occhi bruciano di sole dentro le palpebre, i ciuffi castani si fanno frugare dalla galoppata del soffio salato. Il sapore della sabbia scottante in mezzo alle crepe, il sapore dei bordi bruciati delle foglie. Il vertice luccicante del multiverso. 
È fradicio, è felice. Pazzamente felice. Sfodera le pupille in una scossa di blu, beve lo scenario in un sbocco esplosivo di piani orizzontali, verticali, ascese cremisi. L'ombra della croce gli traversa il ventre. Si volta. Ride. Ridendo prende la rincorsa. Una, due, tre mosse; si innalza seduto all'incontro dei pali. Apre le braccia, in volo, cavalca il respiro. Sente le piume, le piume che non ha. 
Chiama le dita graffiate alla faccia e ulula al cielo, come un coyote, come uno stupido, libero grido di guerra.